Giorno dei Fondatori 2019

Bogdan Jaski

Cari Confratelli,

 di seguito troverete due testi di p. Adam P. Błyszcz CR a proposito di Bogdan Jański e del suo "Diario". Li rendiamo disponibili, come aiuto per preparare la celebrazione del Giorno dei Fondatori di quest'anno, con la speranza che ci aiutino ad ammirare ancora di più il nostro Fratello Maggiore e a trasmettere questa ammirazione a coloro ai quali siamo inviati. Colgo anche l'occasione per ringraziare, ancora una volta, l'autore di queste riflessioni e coloro che le hanno tradotto in italiano (P. Adam Dzwigoń CR) e in inglese (P. George Nowak CR). Invito anche coloro che vorrebbero condividere la propria esperienza di Jański ad inviare questo tipo di riflessione al Postulatore Generale (postulatorgeneraliscr@gmail.com), che si occuperà della loro traduzione e diffusione.

Una fruttuosa celebrazione dei nostri inizi!

Andrzej Gieniusz CR
Postulatore generale

 

 Bogdan Jański mi “tormenta” da qualche decennio [1]

P. Adam P. Błyszcz CR

Avete mai la sensazione che qualche persona seduca i vostri pensieri? La vostra memoria? I vostri sogni? Si? Va bene. Anch’io. Da qualche decennio sono “tormentato” da Bogdan Jański.

Sono ormai trascorsi 178 anni dalla morte del Servo di Dio Bogdan Teodor Jański, una delle figure più intriganti della Grande Emigrazione.

E’ deceduto all’età di 33 anni. No! Assolutamente no! Vi prego di non pensare agli anni di Cristo. Non andiamo a leggere la sua vita in una chiave così scontata. La vita di Bogdan Jański merita qualcosa di più.

Nacque nel 1807 in una famiglia nobile, anche se povera. I genitori si sono separati presto e sulle sue giovani spalle, o piuttosto di bambino, cadde l’onere di provvedere al mantenimento sia di se stesso sia dei due fratelli. La faccenda sicuramente non ha aiutato Bogdan ad aver fede nell’amore tra un uomo e una donna. Senz’altro l’ha portato a guardare con occhio critico i suoi genitori. Con la madre è entrato in serio conflitto. Al suo funerale è arrivato con due giorni di ritardo. Comunque a Roma, diversi anni più tardi, quando egli veniva messo nella bara, sotto la fodera della giacca che portava sempre e in quel momento aveva addosso, è stata scoperta nascosta l’ultima lettera ricevuta dalla mamma… Vi ricordate di Biagio Pascal? … Dio di Abramo, Giacobbe e Isacco? Ricordate?

 I suoi studi all’Università di Varsavia, due facoltà insieme, economia e diritto, sono il periodo in cui definitamente si distacca dalla Chiesa cattolica. Non accetta sia la morale cristiana sia la sommissione dei religiosi cattolici allo zar. 

In fine si dichiara ateo.

Eccede nel bere e frequenta i bordelli di Varsavia. Alcune volte lui e gli amici organizzano delle festicciole nelle cripte delle chiese. Benché conducesse lo stile di vita balordo, gli studi terminano con uno dei migliori risultati. 

Nell’anno 1828 sposa Aleksandra Zawadzka, figlia di un colonello dell’armata napoleonica. E’ il più misterioso atto della sua storia. Lui stesso non riesce a dare un’esauriente risposta alla domanda, come mai sposa questa giovanissima donna, un adolescente. L’amore? La compassione? Alessandra aspetta il bambino di un altro che, l’ha usata e lasciata. Vuole forse Bogdan salvarla dalla denigrazione? In una lettera ai fratelli, egli confida loro di aver anche lui anticipatocon lei i diritti matrimoniali. Anni più tardi proverà il rammarico della decisione. Il matrimonio è durato de factoun giorno, il tempo della celebrazione della Santa Messa, la notte passata insieme e il saluto di addio all’alba e poi, la partenza per lo stage academico come professore a Parigi, Berlino e Londra. Non si vedranno mai più! Il loro matrimonio, diremmo oggi, ha un carattere virtuale. Nella corrispondenza egli, a se stesso riserva il diritto di scriverle i passionali bigliettini. Soltanto a Ola!  Questo però non gli disturba a frequentare le berlinesi e parigine case di appuntamento. Nel suo Diarioannota un caso di provata umiliazione. In uno di tali templi ha lasciato l’ombrello. Per sua disgrazia quel giorno ne ha visitati due. E’ costretto a tornare in questi posti e chiedere del suo miserabile ombrello.

Sappiamo che almeno due volte si è seriamente confrontato con il pensiero di suicidio. Per sfuggire alla rovina della sua vita ha pensato di andare in Amarica. Jański da’ l’impressione di essere una personalità depressiva!  

La via della sua conversione in qualche modo replica il percorso si sant’Agostino. Inizia con la valutazione morale. Non si può vivere come un maiale. L’aiuto trova nei membri dell’eretica società dei sansimonisti, invece nel caso di Agostino lo sono stati dei manichei. Bogdan lega con loro e tenta al dettato delle loro indicazioni ordinare la sua vita morale. Così alla sua conversione religiosa precede quella morale. 

Lo scoppio del Sollevamento polacco di novembre 1830 segna il radicale cambiamento della sua identità nazionale. Da uno che si considerava oramai un francese, torna a sentirsi polacco. Non userà più il secondo nome come primo, non più Teodor ma Bogdan. Nei suoi scritti, conservatisi fino ai nostri tempi, chiaramente fa capire di voler polonizzarsi.

Incontra Adam Mickiewicz ed è affascinato del suo attaccamento alla Chiesa cattolica. Alcuni mesi abitano insieme. Jański si occupa della pubblicazione della sua opera Pan Tadeusz.Dietro la traduzione francese di Konrad Wallenrodsta lui. E’ Mickiewicz a metterlo in contatto con i contemporanei luminari della Chiesa cattolica in Francia. Una curiosità. Negli anni futuri si ritroveranno loro stessi, come pure Mickiewicz, fuori dalla Chiesa. 

Bogdan comunque rientra nella comunità della Chiesa. E rientra così com’è uscito, battendo i tacchi. La sua confessione dura alcuni mesi. Soltanto al quinto incontro con il confessore riceve l’assoluzione. Per lui è stata la prima valida confessione dal tempo della prima comunione.

E’ profondamente addolorato per le divisioni tra l’emigrazione polacca. Si accorge della sofferenza di tantissimi giovani rivoluzionari che hanno perso tutto per aver preso parte all’Insurrezione di Novembre. Questi uomini, giovani, talentuosi e pieni d’ideali sono costretti dalle autorità francesi nei territori di provincia. Ormai convinti che i loro progetti di vita sono caduti in rovina. La propria frustrazione affogano spesso nell’alcol. Jański, con la foga tipica del neofito, li va a cercare, percorrendo tutti i sentieri di questi miseri e della loro miseria. Stringe un particolare legame con Hieronim Kajsiewicz, questi in futuro passerà alla storia come primo predicatore dopo il grande Piotr Skarga, e Piotr Semenenko che, sarà poi riconosciuto uno dei più eccellenti pensatori cattolici della Polonia del XIX secolo. Convinti che non si può condurre la vita cristiana individualmente si organizzano in gruppo,La Casetta di Jański,e iniziano la vita comune. Da lì, dopo alcuni anni, uscirà la Congregazione dei Risurrezionisti. 

Bogdan Jański non lo vedrà. La morte prematura è in certa misura il prezzo pagato per la vita. E' stato uno scapestrato e la sua salute, senz’altro, ne ha risentito. Neanche dopo la conversione si è risparmiato. Lavorava per pagare i debiti dei suoi amici e mantenere l’opera, vista come l’intento di Dio.          

Ha lasciato svariati suoi articoli pubblicati nelle riviste francesi e il Diario, accessibile in : http://www.biz.xcr.pl/files/Dziennik-Janskiego.pdf- le viscere della vita di chi, dipendente dall’alcol e dal sesso, abbraccia la battaglia per la dignità della propria esistenza. 

In questa esperienza di grazia e d’impegno ha l’origine, un fondamentale presupposto della spiritualità resurrezionista che, chiede ai figli spirituali di Jański, enunciare il loro essere niente, di essere attratti dal male, non poter fare nulla senza Dio, che non smetterà mai di amarli. 

Grazie alle quotidiane annotazioni di Jański capiamo come l’amore di Dio viene a noi attraverso laboriosa quotidianità. Tale amore ha tramutato Bogdan Jański in una delle più luminose figure della Chiesa polacca.          


[1]Originariamente il testo è stato pubblicato in polacco nella rivista DEon ed è qui riportato grazie alla gentile concessione della sua redazione.

 

 

Bogdan Jański e il suo “Diario”

 P. Adam Błyszcz CR

Ci capita a guardare degli album fotografici di opere di qualche eccellente pittore o scultore e avvolte in tali edizioni, incontriamo un primo piano di un dettaglio che dovrebbe mostrare la maestria della sua mano o l’originalità della tecnica usata dall’artista. 

La vita di una persona può essere raccontata con una sequenza delle date e delle vicende. Si può pure focalizzare un solo dettaglio, un particolare della vita di quell’uomo, il dettaglio che dimostra la bravura e la genialità di lui. Così è con la storia di Bogdan Jański, un giovane polacco, vissuto appena 33 anni, iscrittosi nella storia della Chiesa come fondatore della Congregazione religiosa dei resurrezionisti, costituitasi ufficialmente alcuni anni dopo la sua improvvisa morte a Roma nell’anno 1840. 

Se volessimo scegliere questo tipo di approccio alla storia, alla vita di Jański, ne sono certo, si focalizzerebbe sul suo diario personale intimo, che abbraccia il periodo dalla metà di ottobre del 1828 alla fine del 1839. Lo dimostra l’edizione critica del Diario, da confrontare alla pagina: http://www.biz.xcr.pl/files/Dziennik-Janskiego.pdf

A cosa dobbiamo la nascita e l’esistenza di questo Diario? Il ventunenne laureando dell’Università di Varsavia, Bogdan Jański, vince, bandito da un’istituzione academica di allora, il concorso per la cattedra di docente nel nascente Politecnico, con il diritto di recarsi per alcuni anni, a scopo di studio, nei paesi dell’Europa Occidentale. E’ il giugno del 1828. Uno degli obblighi dello stipendiato è scrivere il diario del suo viaggio in cui deve “annotare le sue osservazioni scientifiche e tutti i fatti degni di memoria”.[1]All’inizio Jański fa fatica a imparare a selezionare informazioni. Lo si capisce dalle sue iniziali note, dove appunta che in un villaggio si sono staccate le ruote del carro che lo portava a Parigi; che tre giorni dopo questo fatto in un altro villaggio è riuscito a sposare Aleksandra Zawadzka, all’indomani salutata, e come poi risulterà, non rivista mai più. Ci aiuti a non condannare il giovane diarista Jański per la sua mancanza di selezione il sapere, che il re della Grande Francia Ludovico XVI (1754-1791) nel suo diario in data 14 luglio 1789 (la presa della Bastiglia) scrive: rien! Niente!      

E' stato quindi un dovere per Jański stilare il diario di viaggio. “E’ stata l’epoca in cui è nata una voga letteraria di raccogliere scritte le esperienze vissute durante i viaggi, però solitamente il materiale di osservazione sovrastava l’invenzione letteraria dell’autore. E’ stato un fatto di moda, però anche uno strumento educativo. Il diario doveva essere per un giovane un esercizio, un aiuto nel perfezionare se stesso e un mezzo per sviluppare il senso si osservazione, di riflessione, di trarre correttamente le conclusioni”.[2]

Sicuramente Jański stesso non si è reso conto del grande favore ricevuto dalla Commissione Statale di Confessioni Religiose e di Illuminazione Pubblica nell’obbligo, di tenere il diario del viaggio, che dopo alcuni anni è diventato il suo intimo diario personale.

Cosa vuol dire che abbiamo davanti un diario intimo?

Si ha l’impressione di avere in mano le prove di un qualcosa di molto personale, di molto vero, che qualcuno in questi scritti svela completamente e innegabilmente se stesso. Tale nostra percezione è avvallata da un fondamentale presupposto che il diario intimo è scritto esclusivamente per se stessi e al di fuori dell’autore non è previsto un altro destinatario. Questa esclusiva vuole in qualche maniera assicurare la sincerità del contenuto ed essere la prova della veracità nelle informazioni.

Sincerità – verità – autenticità, esse sono una triade che decide del valore di ogni intimo diario.

Non è stata l’intenzione di Jański di pubblicare i suoi appunti, dunque raccomandava la loro distruzione. Si preoccupava che potrebbero scandalizzare. Probabilmente perché sovente sulle pagine del diario troviamo le bozze degli esami di coscienza, delle preparazioni al sacramento della confessione. Per una persona credente non c’è niente di più privato. Qui però ci accorgiamo di avere a che fare con l’infrazione del codice del diario intimo, perché nel momento della stesura dell’esame di coscienza compaiono due destinatari esterni di tali testi: Dio e Chiesa che ricevono la confessione.

Forse è opportuno focalizzare maggiormente il materiale e concentrare l’attenzione proprio su questi esami di coscienza. Mi colpisce particolarmente un dettaglio. Una certa sera Jański visita due case di appuntamento perché è alla ricerca di qualche donna che li piacesse (ne scrive sul Diario con tono scherzoso assieme all’informazione sullo smarrimento dell’ombrello, con la data 18 novembre 1830). In vece alcuni anni più tardi sulle pagine dello stesso Diario si accusa di aver guardato certe donne per distrazione e per curiosità (senz’altro scorgendo in questo le tracce della lussuria di un tempo), ne leggiamo nella nota con la data 6 gennaio 1836! Quanto lavoro su se stessi è necessario (o forse non serve nessun lavoro) per riacquistare lo sguardo innocente così? Diversi di noi conosceranno i racconti di un grande scrittore russo Warlam Szalamov, prigioniero dei russi gulag. In uno di questi egli presenta la storia di due detenuti che al termine del periodo di condanna, da liberi sono dovuti restare comunque nel villaggio della prigionia. Così hanno potuto godersi la concessa liberta. Un giorno questi sono andati nella foresta a caccia e solo quando uno di loro avendo sotto tiro un animale ha rinunciato allo sparo comprese che con quel gesto è tornata in lui l’umanità di cui nella prigionia hanno cercato di svuotarlo. 

Siamo dei profanatori se ci apprestiamo a leggere un qualcosa di non scritto per noi?  Per decenni questo timore ha fatto sì che la Congregazione dei Resurrezionisti non si è decisa all’edizione e stampa del Diario di Jański. Finalmente nell’anno 2000, alla soglia del XXI secolo il Diario è stato pubblicato per essere di edificazione, d’incitamento alla virtù per coloro che si confrontano con le loro debolezze cercando la liberazione dalle innumerevoli schiavitù cui sono soggetti nel mondo di vita. Qui in gioco è la libertà.  

La nostra prima scoperta con la lettura del Diario di Jański è la convinzione che abbiamo l’accesso a ”io” di Bogdan, al suo essere, storia, e in questo “io” cerchiamo qualcosa, che potesse essere un rimedio per noi. 

 Negli anni 1953 – 1966 la rivista parigina “Kultura” ha pubblicato il Diario[3]dell’illustre scrittore polacco Witold Gombrowicz. Questi col suo inconfondibile stile iniziò a scrivere in esso: “lunedì – io; martedì – io; mercoledì – io; giovedì – io”.[4]E’ dunque l’autore, il suo io, il principale e l’unico protagonista di quel diario?

 No. Qualsiasi diario contiene lo sforzo dello scrivere giorno dopo giorno, la forza vitale del diario è il tempo. E lui il secondo e chi sa se non il più importante attore nel diario. Quel tempo non è nutro. Il presente ha le connotazioni di quotidianità. Quest’invece è soggetta all’innata suggestione d’irrilevanza, d’insignificanza. Tale suggestione doveva procurare notevole malessere a chi come Jański, certo della sua missione epocale, missione diretta al di là del PRESENTE. Proprio quasi su ogni pagina del suo diario troviamo le prove del suo battersi con gli oneri verso quotidianità, che nomen omen, rubava il prezioso tempo. E che non solo sembra di essere insignificante ma inoltre non offre nessuna prospettiva globale di totalità. Non doveva meravigliarci il comportamento del menzionato prima re Ludovico XVI che non ha notato la demolizione di Bastiglia, l’arrivo della rivoluzione, che poi ha cambiato non solo la Francia, ma il mondo intero. La quotidianità ne propone ne assicura la prospettiva di totalità. Non c’è però offerto un altro tempo se non quello presente, quotidiano. Col tempo Jański ha accettato questo stato di cose e ne ha fatta la materia per costruire la sua santità. L’ha aiutato in questo la pratica, l’abitudine di condurre il diario, vale a dire trattare riflettutamente il quotidiano? Io dico, sì. Perché in gioco non è solo la libertà, anche il pensare.        

   



[1]Instrukcja i obowiązki  

[2]Dziennik in:  Słownik literatury polskiej XIX wieku, Wrocław 1991, p. 203 

[3]Ricordiamoci però, che il vero diario di W. Gombrowicz risulterà Kronos, pubblicato in Polonia nell’anno 2013. Esso presenta molte similitudini con gli appunti di Jański. 

[4]Witold Gombrowicz, Dziennik 1953 – 1956, Kraków 1989, p.9